L’idea di questo disco dal titolo “Pirate Queens” è geniale quanto coraggiosa: il famoso producer Giovanni Pollastri incontra la voce della cantante americana Annie Saltzman Pini e i due, sotto la firma di Out of the Blue, danno i natali ad un disco dal suono ricco di maestosità visionaria che dalle allegorie celtiche si spostano con naturalezza dentro il rock più metropolitano. Da Tim Buckley di “Song to the Siren” alle volute dei This Mortal Coin… e da qui poi la lista si farebbe troppo lunga per poterla arginare con poco. Canzoni inedite che parlano delle storiche e leggendarie piratesse vissute non solo sui libri di storia o dentro le pellicole di Hollywood. C’è la storia dentro questo disco… quella vera…

 

 

Un’idea originale certamente e assai potente negli obiettivi. Come nasce? Anzi perché?

Giovanni: Nasce dall’ascolto di un album dedicato ai pirati intitolato “Rogue Gallery”, prodotto da Johnny Depp e Gore Verbinsky, il regista dei primi film dei “Pirati dei Caraibi”. Ci sono i cosiddetti “sea shanties”, ossia canti del mare e traditionals del mondo piratesco reinterpretati da grandi artisti come Bono, Nick Cave, Sting, Brian Ferry e molti altri. Ci sono anche cantanti donne, come Lucinda Williams ad esempio, e mi sono chiesto se stessero cantando di piratesse. Non era così, per cui ho pensato di farlo io e di chiedere a Annie, con cui avevo già lavorato in passato, se fosse interessata a lavorarci.

Annie: Quando ho ricevuto la telefonata di Giovanni, ero “on the dock of the bay” vicino a Boston, proprio nelle vicinanze di un museo dedicato ai pirati. Ho subito cercato un libro dedicato alle donne pirata, soprannominate “Pirate Queens”, e da lì ho iniziato il mio viaggio alla scoperta di grandi donne quasi sconosciute, ma che hanno lasciato un marchio indelebile nella storia della pirateria e, al tempo stesso, nella storia dell’emancipazione delle donne.

 

Esistono piratesse rimaste fuori dall’elenco? Come le avete scelte, fatta eccezione di quel “paio” davvero celebri?

Annie: Le abbiamo scelte in base alle loro storie, accattivanti e curiose al tempo stesso. In alcuni casi è stato facile portare in musica la vita di alcune di loro, in altri casi invece particolarmente complicato. Sayyda Al Hurra, ad esempio, piratessa molto conosciuta nel mondo arabo, è stato un vero grattacapo, ma volevamo fortemente averla presente nell’album per il suo ruolo di donna in un ambiente particolarmente difficile in cui emergere. È stata dura ma siamo riusciti a trovare una formula musicale e lirica – una parte è cantata in arabo-marocchino – e ne siamo fieri.

 

Il suono e gli arrangiamenti: ogni canzone, ogni “biografia” ha determinato il suono e la forma o le cose sono slegate?

Giovanni: Inizialmente non avevo intenzione in particolar modo di contestualizzare il suono e gli arrangiamenti nei confronti della storia raccontata, poi però mi sono quasi istintivamente trovato a dare comunque una sorta di ambientazione sonora, per cui mi sono reso conto che stavo scrivendo la colonna sonora della vita di ogni piratessa. Oltre agli strumenti veri e propri, ossia chitarra, basso, percussioni, piano, violino, mandolino e altri strumenti necessari all’arrangiamento, ho usato anche catene, spade, boccali di ruhm, rumori di spari, cannoni, suoni della natura come onde, gocce d’acqua e altro ancora per creare una vera e propria atmosfera tipica del mondo in cui la piratessa raccontata ha vissuto.

 

Dal duo al disco: chi ha messo le mani al suono che sentiamo?

Giovanni: Io di solito lavoro alle musiche e alla registrazione di tutti gli strumenti (in questo album abbiamo comunque alcuni ospiti: Peppe Giannuzzi al violino, Simona Giacomazzo all’organetto in “Lady Mary Killigrew”, e Bruno Saitta alle percussioni in “Anne Bonny”). Mi sono occupato anche degli arrangiamenti e della produzione.

Annie: Io mi occupo dei testi e delle melodie, ma spesso ci scambiamo i ruoli per cui io intervengo sulle musiche e Giovanni sui testi e sulle melodie. Lavoriamo molto bene insieme da parecchi anni, abbiamo una sinergia molto rara e in tutti questi anni abbiamo sempre lavorato con molto entusiasmo e armonia.

 

Disco che tra l’altro inizia ad avere il suo tempo: col senno di poi cosa avete raccolto? Il pubblico è stato curioso di scoprire che infondo il pirata non è solo uomo?

Annie: Certamente. Sono stati tutti molto sorpresi di scoprire non solo che sono esistite le ‘Pirate Queens’, ossia le donne pirata, ma che erano anche delle “badass women”, ossia donne “con gli attributi”! Non a caso sono proprio riuscite a conquistare la famigerata uguaglianza dimostrando di essere allo stesso livello degli uomini, non solo a bordo delle navi, mentre noi siamo riusciti a conquistare il nostro pubblico, sia con la musica che con i testi, ma soprattutto con la passione nel raccontare la vita delle piratesse presenti nel nostro album.

Giovanni: “Pirate Queens” è uscito l’8 Marzo, appositamente per la celebrazione della donna. Ogni anno possiamo quindi riproporre il nostro album, come se fosse ‘senza tempo’, ma che puntualmente potrebbe essere riproposto proprio per la sua caratteristica dedicata alla figura femminile e al suo ruolo nella società, sia passata che odierna, visto che il dibattito sul ruolo della donna è ancora molto aperto e discusso. Noi siamo ancora in piena fase promozionale sia in Italia che all’estero, essendo un album recepito molto positivamente sia da un punto di vista sonoro che per l’argomento trattato. Al momento, oltre all’Italia, stiamo lavorando alla promozione di “Pirate Queens” in Germania, Repubblica Ceca, Belgio e Olanda.