Libri Archivi - Sound Contest https://www.soundcontest.com/category/recensioni/libri/ Musica e altri linguaggi Mon, 27 Mar 2023 07:56:22 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.1 MICHELE FERRARA e SERGIO PASQUANDREA | Quelli di Orsara. Una storia pugliese https://www.soundcontest.com/michele-ferrara-e-sergio-pasquandrea-quelli-di-orsara-una-storia-pugliese/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=michele-ferrara-e-sergio-pasquandrea-quelli-di-orsara-una-storia-pugliese Mon, 27 Mar 2023 07:56:22 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=60010 Ho avuto il piacere di avere il libro fra le mani, in bozze, un anno fa : ho subito realizzato che Michele Ferrara che , in collettivo con un gruppo di amici orsaresi ha ideato e poi realizzato Orsara Jazz negli anni ’90, aveva visto giusto : ci voleva un bilancio, un ricordo, una raccolta […]

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Ho avuto il piacere di avere il libro fra le mani, in bozze, un anno fa : ho subito realizzato che Michele Ferrara che , in collettivo con un gruppo di amici orsaresi ha ideato e poi realizzato Orsara Jazz negli anni ’90, aveva visto giusto : ci voleva un bilancio, un ricordo, una raccolta di voci protagoniste. Cosa ben realizzata dall’assemblaggio delle interviste di Sergio Pasquandrea, che da anni scrive di jazz in tutte le forme, dai racconti ai saggi. Ne viene fuori un insieme che rivela le varie fasi del festival, dal momento pionieristico ai progetti “pirotecnici”.

Non a caso questo volume è edito da Pietre Vive nella collana Quaderni di storia : infatti oltre a essere inseribile nelle sfaccettate e diverse realtà del fertile mondo del jazz pugliese, Orsara Jazz ha fatto la storia di Orsara, creando un tessuto comune tra “chi è restato” e assisteva al centro dell’estate alla pacifica invasione di gente varia, e “chi se n’ era andato” ma tornava appena possibile, per fare suoni e ricreare connessioni.

Permettetemi un ricordo da testimone : sono stati anni esaltanti. Giravi per i cortili e ci trovavi musicisti in assoli pomeridiani. Sul palco battaglie sonore. La sera qualcuno con l’organetto faceva ballare anche gli anziani . Pittori pennellavano i suoni. Le bande dei paesi si univano ai jazzisti. E tanto altro …

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MARIO DONATONE | Blues is my bad medicine https://www.soundcontest.com/mario-donatone-blues-is-my-bad-medicine/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=mario-donatone-blues-is-my-bad-medicine Sat, 04 Jun 2022 08:45:19 +0000 https://www.soundcontest.com/?p=55776 E’ uscito lo scorso Febbraio per l’etichetta Groove Master Edition “Blues is my bad medicine”, ultima fatica discografica di Mario Donatone. Realizzato in collaborazione con la vocalist Giò Bosco, questo disco propone un viaggio alle origini del blues, un mondo forse sconosciuto ai più, ma che è stato seminale per la nascita della musica moderna. […]

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MARIO DONATONE
Blues is my bad medicine
Groove Master Edition
2022

E’ uscito lo scorso Febbraio per l’etichetta Groove Master Edition “Blues is my bad medicine”, ultima fatica discografica di Mario Donatone. Realizzato in collaborazione con la vocalist Giò Bosco, questo disco propone un viaggio alle origini del blues, un mondo forse sconosciuto ai più, ma che è stato seminale per la nascita della musica moderna.

Il repertorio scelto rende omaggio ai più importanti artisti della prima era del blues, dal Mississippi di Sleepy John Estes, Skip James, Robert Johnson, al Texas di Blind Lemon Jefferson, alla East Coast di Reverend Gary Davis. Sono questi i percorsi stilistici più importanti del primo blues che vengono rivisitati con una vocalità calda e ispirata, sorretta da un pianismo danzante ed evocativo. Non manca l’importante parentesi del blues femminile, quello di personaggi come Bessie Smith e Clara Smith, reinterpretate con una vena blues verace ed autentica da Gio’ Bosco.

L’unico brano originale è quello di apertura, Bad Medicine Blues, una moderna struttura di blues with a bridge. A questo lavoro, inoltre, è associato un libro che rappresenta un’assoluta novità nel campo della saggistica: “Blues che viaggiano in prima classe – la lunga strada della musica del diavolo dalle paludi del Delta al mondo del rock’n’roll”, pubblicato dalla casa editrice Aracne.

In questo saggio Donatone propone per la prima volta un’indagine completa su una musica mitica che parte dallo studio del suo linguaggio, analizzando quei legami invisibili con il rock, il jazz e tutte le altre espressioni più attuali. Lo fa affrontando in maniera interdisciplinare e analitica lo studio del blues, rivolgendo l’attenzione agli studenti di musica contemporanea e agli appassionati di questa materia.

Il testo analizza gli stessi brani interpretati nel disco, che rende giustizia anche ad alcuni personaggi che hanno saputo trasformare in un linguaggio urbano quel blues che avevano iniziato a cantare e suonare nei campi del Sud, diventando degli influenti innovatori della musica americana. Parliamo di Leadbelly, Lonnie Johnson, Sister Rosetta Tharpe, Big Bill Broonzy. Il disco si chiude con uno dei più importanti standard del boogie woogie pianistico, quell’Honky tonky train blues che fu ripescato a fine anni ’70 da Keith Emerson e che rappresenta un banco di prova per tutti i pianisti di blues.

Ecco cosa ha scritto Federico Zampaglione a proposito di Donatone e del suo lavoro nella prefazione del libro:

“Mario Donatone è il miglior pianista blues e soul con cui ho mai suonato. La scena italiana blues gli deve tantissimo, così come il sottoscritto. Questo libro è una tappa molto particolare della sua traiettoria di musicista sempre in prima linea rispetto alla musica neroamericana […] E’ una summa della sua esperienza di ascoltatore, musicista, cantante, accompagnatore di cantanti neri americani, direttore di coro gospel, che ha attraversato ben quattro decenni. Il suo amore per la più genuina espressione blues e soul nel tempo ha integrato sempre di più l’aspetto pedagogico con quello artistico. E in un’epoca in cui il jazz è entrato da qualche anno nell’accademia dei conservatori italiani mancava un’opera che offrisse alle nuove generazioni di studenti uno sguardo importante sul blues e sui suoi tanti aspetti culturali”

Questo doppio lavoro risulta essere quindi una tappa di ascolto e lettura fondamentale non solo per gli appassionati del genere, ma forse soprattutto per gli appassionati di musica in genere, che abbiano desiderio di conoscere le radici profonde di quello che ascoltiamo nel Ventunesimo secolo.

 

Musicisti:

Mario Donatone, piano e vocals
Giò Bosco, vocals

Tracklist:

01. Bad medicine blues (Donatone-Muoio)
02. Where did you sleep last night (trad.)
03. Worried life blues (Macedo)
04. Matchbox blues (Jefferson)
05. Nobody’s fault but mine (Johnson)
06. I’m so glad (James)
07. Tomorrow night (Coslow – Grosz)
08. Love in vain (Johnson)
09. Key to the highway (Segar)
10. I don’t know (Mabon)
11. Nobody knows you when you’re down and out (Cox)
12. This train (trad.)
13. Nobody knows the way I feel this morning (Delaney)
14. I’m gonna move out on the outskirts of town (Weldon)
15. Cocaine blues (Davis)
16. Honky tonky train blues (Lewis)

Link:

Groove Master Edition

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GIANNI VALENTINO | Io non sono Liberato https://www.soundcontest.com/gianni-valentino-io-non-sono-liberato/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=gianni-valentino-io-non-sono-liberato Tue, 22 Jan 2019 16:24:31 +0000 http://www.soundcontest.com/?post_type=recensioni&p=21070 Ma chi è questo LIBERATO? ci siamo chiesti tutti dopo aver ascoltato “Nove maggio”, il primo brano mandato in pasto alla rete dal cantante incappucciato nel febbraio di due anni fa. Abbiamo continuato a chiedercelo con l’uscita dei successivi videoclip, notando facilmente che dietro musica e parole per nulla casuali c’era un progetto preciso. In […]

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Gianni Valentino
Io non sono Liberato
Arcana editore
2018

Ma chi è questo LIBERATO? ci siamo chiesti tutti dopo aver ascoltato “Nove maggio”, il primo brano mandato in pasto alla rete dal cantante incappucciato nel febbraio di due anni fa. Abbiamo continuato a chiedercelo con l’uscita dei successivi videoclip, notando facilmente che dietro musica e parole per nulla casuali c’era un progetto preciso.

In un momento di relativa stasi nel “percorso professionale” dell’anonimo musicista, esce per la casa editrice Arcana il bel libro di Gianni Valentino “Io non sono LIBERATO”, attraverso le cui pagine il giornalista napoletano ricostruisce accuratamente tutta la storia.

L’idea nasce da una mancata videointervista, inizialmente accettata da LIBERATO, con tanto di set preparato. Il cantante fa retromarcia all’ultimo momento. Valentino lo insegue nelle sue sporadiche apparizioni in giro per l’Europa, compreso lo sbarco in gommone a Mergellina. E poi sui canali social, tanto cari al cantante sconosciuto. Ma senza fortuna. Il giornalista decide così di mettere tutto su carta e scrivere quello che sa, quello che ha scoperto o che gli hanno riferito, con “soffiate” più o meno credibili.

Anzi nella ricerca del sospettato fa molto di più. Ne studia la personalità, cerca di entrare nella psicologia del personaggio, incrocia tutti i dati a sua disposizione. Soprattutto analizza filologicamente i testi delle sue canzoni comparandoli sia con quelli della tradizione canora napoletana, sia con quelli dei suoi contemporanei.

E per un momento, nel libro, è tale la mole di informazioni, di aneddoti, di storie su Napoli e la sua musica, che Valentino sembra allontanarsi dall’obiettivo principale e trasportare il lettore sulle sue note, letterarie e musicali.

LiberatoMa nulla è fine a se stesso e tutto concorre a scoprire chi si nasconde dietro quei sei video comparsi su Youtube che, a partire dal febbraio 2017, hanno totalizzato circa cinquanta milioni di visualizzazioni. Un artista da solo potrebbe metter su uno strumento mediatico così sofisticato? Può il video di uno sconosciuto musicista essere menzionato su “Rolling Stone” o “Repubblica XL” a due giorni dalla sua prima uscita senza che vi sia dietro qualcuno che conosca davvero bene come funziona l’industria musicale? Probabilmente no. E allora chi c’è dietro?

Gianni Valentino ascolta le opinioni, tra gli altri, di Clementino, Raiz, Fabri Fibra, Nino D’Angelo, Populous, Ivan Granatino, Gemitaiz, Livio Cori, Bawrut, Planet Funk, Gigi D’Alessio, Speaker Censou, Nu Guinea e, soprattutto, di Enzo Chiummariello, impresario, e del prof. Ugo Cesari, foniatra, che ha indentificato la voce di LIBERATO in quella di Livio Cori. Ma studia anche i “movimenti” di chi si è rifiutato di parlare, vedi Gennaro Nocerino, Calcutta, K-Conjong e Emanuele Cerullo.

Da tutti trae ispirazione per la ricerca di un volto. E un volto alla fine compare. Il “vero” volto di LIBERATO è Napoli. Proprio la mancanza di un nome a cui attribuire le sue gesta ha contribuito a indentificarlo con l’intera città. LIBERATO è l’idea di Napoli, con tutte le sue conclamate meraviglie e le incredibili contraddizioni, è la Napoli di oggi che vive nell’idea di quella che fu. Così come le canzoni di LIBERATO, nel mescolare rap, dub, dance e neomelodismo (o neomelò, come lo definisce Gianni Valentino), uniscono Viviani a Franco Ricciardi, incrociano Salvatore Di Giacomo con Nino D’Angelo. Sono un calderone che tutto contiene. Così come i suoi video, affidati alla regia di Francesco Lettieri. Dentro c’è Napoli con tutti i suoi cliché, dai riferimenti al Calcio Napoli alle griffe ambite dai giovani, dagli immancabili smartphone agli scorci paesaggistici, dagli scooter che scorrazzano trasportando persone e sentimenti al soggetto principe di tutte le storie, l’ammore.

Il libro contiene, inoltre, al suo interno un QR-code per accedere a contenuti extra (in pratica un altro libro) con informazioni accurate su tutto il fenomeno LIBERATO, che ne dettagliano minuziosamente azioni e parole.

valentinoDopo la prima uscita pubblica avvenuta lo scorso novembre all’Auditorium Novecento di Napoli, il libro sarà presentato, alla presenza dell’autore, il 6 febbraio a Casa Sanremo, nell’ambito dell’evento festivaliero, l’8 marzo a Perugia e il 15 marzo ad Arezzo.

 

Gianni Valentino, “Io non sono Liberato”, Arcana editore, Collana Cantautori del Duemila, 2018, pp. 286, 17,50 euro.

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IVAN FEDELE / ROSA ALVINO | Non avrai altro Dio all’infuori di Claudio https://www.soundcontest.com/non-avrai-altro-dio-allinfuori-di-claudio/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=non-avrai-altro-dio-allinfuori-di-claudio Wed, 05 Sep 2018 21:09:55 +0000 http://www.soundcontest.com/?post_type=recensioni&p=20282 Il romanzo Non avrai altro Dio all’infuori di Claudio ha visto la luce nel 2017 grazie alla Homo Scrivens. Gli autori sono Ivan Fedele, attore, autore, regista teatrale e componente del duo comico Ivan E Cristiano di Made In Sud e la sua compagna Rosa Alvino, giornalista professionista ed ufficio stampa. Il loro incontro nella […]

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Ivan Fedele / Rosa Alvino
Non avrai altro Dio all’infuori di Claudio
Homo Scrivens
2017

Il romanzo Non avrai altro Dio all’infuori di Claudio ha visto la luce nel 2017 grazie alla Homo Scrivens.
Gli autori sono Ivan Fedele, attore, autore, regista teatrale e componente del duo comico Ivan E Cristiano di Made In Sud e la sua compagna Rosa Alvino, giornalista professionista ed ufficio stampa.
Il loro incontro nella vita è avvenuto grazie ad una grandissima e comune passione, quella per il cantante Claudio Baglioni.
La condivisione di concerti, eventi, viaggi e chat online il cui soggetto era il loro beniamino li ha pian piano avvicinati al punto di far nascere tra loro l’Amore.

Ed allora – hanno pensato i due – perché non sedersi a tavolino ed, a quattro mani, raccontare come Luca, fan incallito di Claudio Baglioni, riesca a conoscere ed incontrare Sara, una farmacista, di cui si innamorerà perdutamente?
Capitolo per capitolo, rigorosamente alternando la mano femminile di Rosa a quella maschile di Ivan, Sara inizia ad interessarsi a Luca, gestore di un B&B romano che, a sua volta, deve cercare di tener nascosta la sua passione smisurata per Baglioni e le sue canzoni…come la prenderebbe Sara, così lontana dal modo di pensare degli ossessionati, se le facesse una simile rivelazione?

La storia si snoda fluidamente, coinvolgendo, man mano, altri personaggi chiave… gli amici di Luca, manco a dirlo, anche loro baglioniani e baglioniane convinti, che giocano parti importanti nel racconto e nei momenti clou della storia dei due; i genitori di Sara, separati perché il padre di lei, vecchia gloria della canzone anni sessanta, si è trasferito a Cuba per ritentare la strada del successo canoro.

Uno spaccato ottimamente delineato sul mondo dei fans in genere, che si sofferma sulla grande passione che muove chi si organizza per andare ad un concerto o ad un evento, che sia nella propria città o che sia fuori; ci vuole davvero tanto amore per investire energie, tempo e denaro in lunghe file per acquistare i biglietti (anche sotto il sole o facendo dei veri e propri “veglioni”, se il botteghino apre presto al mattino e l’evento ha posti limitati), acquistare biglietti di treno o aereo, prenotare sistemazioni alberghiere per la notte e quant’altro. Per non parlare poi dell’organizzazione parallela, ora spesso online, attraverso canali appositamente dedicati, delle eventuali sorprese al cantante: coreografie, cartelloni, magliette personalizzate dell’evento e qualunque altra cosa la mente dei veri Fans possa creare.
La fantasia del vero Fan non conosce limiti e Luca ed i suoi amici ci fanno entrare a far parte di questo mondo e ci permettono di conoscerne meglio le dinamiche.
Le prefazioni di Maurizio De Giovanni, Marco Marsullo, Luca Bianchini, Cristiano Imperatore e Aldo Putignano ci introducono alla storia.
In copertina, ci accolgono i volti di Luca e Sara, così come li ha visti Spartaco Ripa.

Se volete vivere un sogno, fatto di passione vera e di condivisione, non dovete perdervi questo romanzo: vi conquisterà!

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DANIELA VELLANI | Ragazzi, Voglio Raccontarvi Una Storia Jazz! https://www.soundcontest.com/daniela-vellani-ragazzi-voglio-raccontarvi-una-storia-jazz/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=daniela-vellani-ragazzi-voglio-raccontarvi-una-storia-jazz Wed, 18 Apr 2018 12:25:20 +0000 http://www.soundcontest.com/?post_type=recensioni&p=19141 Ragazzi, Voglio Raccontarvi Una Storia Jazz! è un saggio edito dalla Robin e scritto da Daniela Vellani. La Vellani, napoletana, docente di materie letterarie alla scuola secondaria di primo grado, è una giornalista pubblicista con la passione per tutto quanto è cultura: la si incontra alle mostre, ai concerti, a teatro, alle visite guidate. Veste […]

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Daniela Vellani
Ragazzi, Voglio Raccontarvi Una Storia Jazz!
Robin Edizioni
2017

Ragazzi, Voglio Raccontarvi Una Storia Jazz! è un saggio edito dalla Robin e scritto da Daniela Vellani.

La Vellani, napoletana, docente di materie letterarie alla scuola secondaria di primo grado, è una giornalista pubblicista con la passione per tutto quanto è cultura: la si incontra alle mostre, ai concerti, a teatro, alle visite guidate.

Veste inoltre i panni di regista per alcuni spettacoli teatrali che organizza a scuola per i suoi studenti ed è ormai quasi una habitué nel cimentarsi con le parole e la carta stampata: ha pubblicato infatti cinque racconti di poesie, una autobiografia dal titolo Mamma, esiste una scuola dove le maestre non si arrabbiano quando i bambini sbagliano ed un romanzo, Storie fra tante.

La passione per la musica jazz e l’assiduo ascolto di questo genere musicale, specialmente in occasione dei concerti dal vivo, ha appassionato la Vellani al punto di sentire l’esigenza di mettere nero su bianco le sue conoscenze ed emozioni sull’argomento.

E lo ha fatto in una maniera innovativa ed accattivante, rivolgendosi, in particolare ai ragazzi, mediante il formato del testo teatrale, che potrebbe così utilmente essere adoperato anche come un copione per una relativa messa in scena.

Interessante anche per un pubblico adulto, che voglia approfondire la conoscenza di questo affascinante genere musicale, il libro è corredato da un utile dizionarietto dei principali strumenti utilizzati nel jazz, da un indice alfabetico di tutti i grandi protagonisti citati nel testo e dei più noti brani musicali che, in tutti i tempi, hanno rispettivamente contribuito a rendere grande e variegata la storia della musica jazz.

La prefazione del sassofonista napoletano Giulio Martino, grande amico della Vellani, ci introduce a questo lavoro letterario, fatto di narrazione, dialogo ed immagini, tre elementi che rendono la lettura più invitante, specie per il pubblico giovane a cui il testo è specialmente rivolto.

Il libro è arricchito dalle accattivanti illustrazioni di Roberta Goglia, che introducono ai diversi periodi della narrazione in maniera puntuale e piacevole.

Ad esattamente cento anni dall’incisione del primo disco jazz da parte della dixieland band del siculo-americano Nick La Rocca, il protagonista del romanzo, l’anziano trombettista Tommy di New Orleans, guida per mano un gruppo di persone che, interessate a sapere di più sulla storia della musica che lui sta suonando, si fermano ed interagiscono con lui, facendogli delle domande in merito.

E così, tra una esecuzione musicale ed un aneddoto, si parte dall’Africa Equatoriale e dalle Work Songs  per approdare negli Stati Uniti dei gospels e degli spirituals; si passa per il blues ed il ragtime, mentre da New Orleans la musica approda a Chicago con l’hot jazz e lo swing; per poi arrivare all’epoca moderna, con il be-bop e le big band. Chiusura con la fusion, il free jazz, l’elettronica ed il racconto dell’arrivo e della diffusione in Europa ed in Italia di questo genere di musica.

Molto carina la presentazione del volume alla stampa ed al pubblico: l’alternanza di alcuni pezzi declamati da un’attrice con alcuni brani del testo, recitati con entusiasmo e coinvolgimento da alcuni ragazzi ed ancora, alcuni pezzi musicali eseguiti al piano hanno reso benissimo l’idea di come il testo sia stato sviluppato: la linea semplice e la varietà dell’approccio, lo rendono interessante ed, allo stesso tempo, gradevole.

Ve lo consiglio.

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GERLANDO GATTO | Gente di Jazz https://www.soundcontest.com/gente-di-jazz/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=gente-di-jazz Fri, 02 Feb 2018 23:24:14 +0000 http://www.soundcontest.com/?post_type=recensioni&p=18668 Gente di Jazz, edito da KappaVu/Euritmica di Udine, è il libro di Gerlando Gatto, giornalista esperto nel settore, tra i più famosi in Italia, attivo in ambito editoriale, televisivo e sul Web. Gatto ha presentato il suo lavoro a Napoli il 24 ottobre a Palazzo San Teodoro, nel cuore del quartiere Chiaia, davanti ad un’attenta […]

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Gerlando Gatto
Gente di Jazz
KappaVu/Euritmica
2017

Gente di Jazz, edito da KappaVu/Euritmica di Udine, è il libro di Gerlando Gatto, giornalista esperto nel settore, tra i più famosi in Italia, attivo in ambito editoriale, televisivo e sul Web.

Gatto ha presentato il suo lavoro a Napoli il 24 ottobre a Palazzo San Teodoro, nel cuore del quartiere Chiaia, davanti ad un’attenta platea di addetti ai lavori ed appassionati jazzofili.
La presentazione, imbastita nella forma di un piacevole dialogo con il filosofo ed appassionato di jazz Marco Restucci e con Giancarlo Velliscig – editore e direttore artistico dell’Udin&Jazz.
Gradito ospite il chitarrista Antonio Onorato, che ha regalato ai presenti alcuni brani suonati unplugged, impreziosendo ulteriormente l’evento con la sua musica.
La cornice del lavoro letterario è il jazz, che contiene tante microstorie: 23, per l’esattezza, che raccontano 23 artisti diversi, con un solo comune denominatore ad unirli: la loro partecipazione ad una delle 27 edizioni dell’Udin&Jazz.
Tanti sono i frammenti che compongono questo libro: questi piccoli spaccati aiutano il lettore a conoscere meglio l’argomento, nei più piccoli dettagli.
Velliscig dice che il jazz apre orizzonti culturali infiniti: non ritiene infatti, possibile, trovare una definizione univoca che lo caratterizzi, perchè il jazz è la sfaccettatura culturale della musica; è ricco, diversificato e vario.
E’ palpabile la componente umana del libro: cuore, emozione, libertà.
Onorato prende la parola e dimostra la sua emozione nel dichiarare di essere tra uno dei 23 artisti raccontati nel lavoro di Gatto e ci delizia con Footprints di Wayne Shorter, insieme al suo allievo chitarrista, il giovane Luca Farias, figlio del bassista Angelo.
Gatto, nativo di Catania, a 5 anni sognava già in tenera età di diventare un giornalista ed ascoltava il jazz; tra i suoi favoriti di sempre, Louis Armstrong.
Il libro, anche esteticamente e graficamente molto curato, dà soddisfazione dalla sua innata maniacalità e lo inorgoglisce molto; le interviste pubblicate non sono le sole che ha raccolto in tutti questi anni e ne ha già diverse altre chiuse nel cassetto:  sono tutte domande poste a musicisti con cui ha affinità e che gli riescono simpatici. Ora che la sua carriera di giornalista economico è terminata perchè è in pensione, ha potuto e può finalmente dedicarsi alla musica.
L’uomo, più che l’artista, emerge chiaro attraverso il suo modo di porre le domande e di dialogare; Gatto rivela che cerca di far trasparire l’essenza umana più profonda dei suoi interlocutori  e confessa di esserci riuscito soltanto a volte.
Ci racconta quindi qualche aneddoto del suo percorso di intervistatore di anime jazz: Paolo Fresu gli ha raccontato di piangere, ascoltando la propria musica; ma anche di ridere, per dimostrare la sua felicità nel poter esprimere il proprio essere attraverso le note.
Ci ha delineato un profilo di Stefano Bollani carino e sincero, che gli ha rivelato che il fine principale delle sue performances è quello di divertire il pubblico; e che quando ciò accade, si diverte molto anche lui perchè spera che la gente esca dalla sala, pensando di aver trascorso una serata serena.
Ha incontrato ed intervistato Michel Petrucciani: un tipo allegro, che nei dopo concerto animava la serata e teneva banco tra tutti i presenti; ricorda in particolare una memorabile sua esibizione a quattro mani al pianoforte con Gonzalo Rubalcaba, durante un dopo cena in casa, all’isola della Martinica.
In tutti coloro con cui ha avuto modo di chiaccherare, sia stranieri che italiani, riconosce una vena di pazzia: gli italiani sono principalmente caratterizzati dalla loro continua ricerca della melodia.
Le donne sono poco presenti in Gente di Jazz: c’è infatti  in programma di mettere insieme un secondo volume, dedicato a loro; Gatto pensa che, ad eccezione di cinque cantanti donne, ce ne siano troppe in Italia, al momento: brave tutte a livello di stile, ma mancanti di quella connotazione personale che sarebbe ideale.
Anche Onorato ci racconta qualche sua esperienza: dice di aver suonato spesso negli Stati Uniti, dove ha spesso visto le foto delle prime band jazz, nelle quali militavano sempre dei musicisti del Sud Italia. A suo avviso, il jazz di oggi ha a che fare con l’improvvisazione spontanea e con la creatività; non è solo swing e bebop, è anche musica brasiliana.
Il jazz nasce dal blues, che affonda le proprie radici nei canti dei neri africani; gli italiani del Sud dell’Italia, dove c’era e c’è una profonda tradizione bandistica, una volta emigrati in America stavano insieme ai neri che si erano a loro volta trasferiti lì: ecco il motivo per cui si sono trovati ad avere una grande parte nella nascita di questa musica chiamata jazz. Gli inglesi ed i francesi vivevano, a quei tempi, in altri quartieri delle città americane, dunque non sono stati per nulla a contatto con questa realtà musicale.
Un interessante libro da leggere per gli appassionati del genere e non.

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FRANCESCO D’ERRICO | Fuor di metafora. Sette osservazioni sull’ improvvisazione musicale https://www.soundcontest.com/francesco-derrico-fuor-di-metafora-sette-osservazioni-sull-improvvisazione-musicale/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=francesco-derrico-fuor-di-metafora-sette-osservazioni-sull-improvvisazione-musicale Fri, 29 Jan 2016 09:30:54 +0000 http://www.soundcontest.com/?post_type=recensioni&p=11734 Che cosa è l’improvvisazione musicale? Dalle pagine di questo libro freschissimo di stampa (è uscito negli ultimi giorni di dicembre) essa appare “un molteplice ricco, tanto incontrollabile quanto prolifico, poco inscrivibile in un contenitore di senso, ma invasivamente vitale”. E si spiega, più che come movimento dialettico, “attraverso l’esperienza del paradosso”, “attraverso la vibrazione cognitiva […]

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Francesco D'Errico
Fuor di metafora. Sette osservazioni sull’ improvvisazione musicale
Editoriale Scientifica
2015, pp. 150, euro 12

Che cosa è l’improvvisazione musicale? Dalle pagine di questo libro freschissimo di stampa (è uscito negli ultimi giorni di dicembre) essa appare “un molteplice ricco, tanto incontrollabile quanto prolifico, poco inscrivibile in un contenitore di senso, ma invasivamente vitale”. E si spiega, più che come movimento dialettico, “attraverso l’esperienza del paradosso”, “attraverso la vibrazione cognitiva ed emozionale dell’idea di ossimoro, di aporia…”.

Anzi, dire si spiega è sbagliato: piuttosto si dispiega. Perché le pratiche improvvisative sono luoghi in cui i saperi musicali sia teorici che artigianali, sedimenti di culture diverse, momenti cognitivi, corpi emotivi, incontri appassionati e scontri violenti nella geografia e nella storia delle esperienze umane, si incrociano manifestandosi, ancora rinnovati, come faticose e vivide moltitudini.

Un libro “poroso”, fra i più stimolanti in assoluto che mi sia capitato di leggere negli ultimi tempi, sorretto da un linguaggio lucidissimo e illuminista eppure continuamente attraversato dalla forza della poesia. E chi conosce la musica e i dischi di Francesco D’Errico, il suo jazz meditativo, senza orpelli, nutrito di classicità eppure aperto ad altri linguaggi, alla musica del mondo, alle tradizioni e alle sperimentazioni più diverse (fra i dischi di una carriera ormai ultraventicinquennale ricordo “Lunaria”, “Av. Of the Americas”, “Napoletana”, “Specchio per le nubi”, “The Grey goose”, il recente dittico “Waiting for the Queen” e “And now the queen”), il suo approccio alla musica esistenziale e materico allo stesso tempo, accoglierà queste “Sette osservazioni sull’ improvvisazione musicale” – è il sottotitolo e l’articolazione del saggio – come una piacevole sorpresa. Perfettamente inscritta, tuttavia, nella personalità di questo musicista filosofo. I cui interessi spaziano in un campo vastissimo, e i cui esempi riferiti al jazz si contano, in questo libro, sulle dita di una mano (sebbene tutti cruciali: Parker, gli amatissimi Tristano, Jarrett). Il dato non deve sorprendere: il fatto è che D’Errico, con acutezza da musicologo, considera l’improvvisazione musicale una pratica che va ben oltre la tradizione afroamericana e ben oltre il suo pur già ben ampio arco temporale. Per la verità, il libro imbastisce confronti e esempi anche rispetto ad altri linguaggi artistici, in particolare la pittura e il teatro, e pare suggerire che l’idea di improvvisazione ci porti nel cuore stesso del misterioso miracolo che è la creatività. Artistica ma non solo. Perché, in ultima analisi, teorizza Francesco, improvvisare è anche uno stile, una scelta, di vita. O comunque una sua modalità ineliminabile. Ha a che fare con gli abissi e gli enigmi della mente e della psiche.

 

Francesco D’Errico

Fuor di metafora.
Sette osservazioni sull’ improvvisazione musicale

prefazione di Paolo de Vita, postfazione di Mauro Maldonato.

Copertina e illustrazioni di Ernesto Tatafiore.

Editoriale Scientifica, 2015, pp. 150, euro 12.

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JULA DE PALMA | TUA Per Sempre – Autobiografia della signora del jazz italiano https://www.soundcontest.com/tua-per-sempre-autobiografia-della-signora-del-jazz-italiano/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=tua-per-sempre-autobiografia-della-signora-del-jazz-italiano Mon, 22 Nov 2010 23:00:00 +0000 http://soundcontest.designet.it/recensioni/tua-per-sempre-autobiografia-della-signora-del-jazz-italiano/ Gia’ da qualche anno stavo raccogliendo informazioni e scrivendo impressioni sul profilo artistico di Jula de Palma; volevo dedicare uno speciale nella rubrica “I remember” della nostra rivista ad uno dei personaggi chiave della cultura musicale dell’Italia del dopoguerra. Jula de Palma fa parte di quella schiera di personaggi in cui figurano di diritto Franco […]

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Jula de Palma
TUA Per Sempre – Autobiografia della signora del jazz italiano
Coniglio Editore - Roma
2009


Gia’ da qualche anno stavo raccogliendo informazioni e scrivendo impressioni sul profilo artistico di Jula de Palma; volevo dedicare uno speciale nella rubrica “I remember” della nostra rivista ad uno dei personaggi chiave della cultura musicale dell’Italia del dopoguerra. Jula de Palma fa parte di quella schiera di personaggi in cui figurano di diritto Franco Cerri, Gianni Basso, Gorni Kramer, Renato Sellani, Gianni Ferrio, Lelio Luttazzi, e molti altri con cui lei si e’ trovata ad operare negli anni tra l’immediato dopoguerra e la prima meta’ degli anni ’70, in un’epoca quindi di grandi fermenti artistici e di profonda evoluzione stilistica. Questi musicisti hanno contribuito a cambiar faccia alla musica italiana, introducendo, nella fattispecie, gli elementi del jazz e dello swing all’accezione prettamente melodica di quel genere di musica spesso superficialmente definito “leggera”.

Da quando, circa trentacinque anni fa, decise di lasciare l’Italia oltre che le scene, nel bel mezzo del massimo successo, trasferendosi definitivamente in Canada, a coltivare tutt’altri interessi ed a svolgere tutt’altre attivita’, Jula e’ divenuta un personaggio quasi inafferrabile.


Decisione irrevocabile; mai piu’ e’ tornata sui suoi passi, se non per sorprendere tutti ancora una volta: si e’ presentata, in tutt’altra veste, con un libro auto-biografico – TUA Per Sempre – Autobiografia della signora del jazz italiano – in cui racconta cronologicamente e con sorprendente meticolosita’ gli avvenimenti ed i retroscena della sua vita artistica e personale.


Ma nel libro c’e’ molto, molto di piu’. C’e’ l’essenza della sua vita, dal giorno in cui e’ nata, raccontata, per una buona meta’, attraverso la trascrizione integrale delle pagine dei diari in cui, la giovane Jula, annotava scrupolosamente ogni fatto, ogni azione ed ogni sensazione. Racconta le paure, le emozioni, le amicizie, le delusioni di una ragazza, milanese con ascendenti siciliani, che si trova ad affrontare inizialmente una realta’ che passa attraverso la guerra, i bombardamenti, i sotterfugi e le privazioni – diciamo pure le piccole e grandi miserie materiali – che immancabilmente accompagnano i conflitti ma di fronte ai quali la sua famiglia non ha mai perso un briciolo di dignita’. E poi gli inizi di un’aspirante attrice che diventa inaspettatamente una cantante in una dimensione che pare inizialmente piu’ grande di lei. Da quel momento, inizia il racconto di un pezzo di storia della musica italiana, di come nell’immediato dopoguerra la classica canzone italiana (e napoletana) si  evolveva verso la modernita’, il jazz e lo swing.


Jula de Palma tesse un racconto avvincente, in cui sottolinea quale ruolo hanno avuto in queste vicende, nel bene e nel male, tanti personaggi molto noti ed amati, come reagivano i gusti del pubblico, come ci si muoveva e ci si comportava nelle case editrici, durante le turne’e ed i concerti dal vivo, coi colleghi musicisti ed in sala d’incisione, come evolvevano le tecnologie ed i mezzi di comunicazione di massa, dalla radio alla nascente televisione, al disco che si perfezionava e diventava un potente strumento di diffusione e consumo della cultura musicale.


Non e’ tenera con qualcuno, ed altrettanto e’ francamente grata a tanti altri, con trasparenza e sincerita’, ma quello che piu’ avvince e’ l’incrocio di tanti fatti e personaggi, attori, autori, cantanti e musicisti, e la nitidezza dello spaccato storico di un’epoca artistica che resta alla fine del libro. Qualche avvenimento e’ stato ostentatamente sorvolato, difficile pensare che non sia stato annotato sui suoi diari o che non se ne sia ricordata. Piu’ probabile che, qualche ricordo non del tutto piacevole, sia stato rimosso anche per evitare quelle che, a causa della sua incrollabile sincerita’, sarebbero diventate delle polemiche.

E’ quasi impossibile aggiungere parole che non suonino superflue ai tanti fatti ed aneddoti raccontati da Jula nel libro ed alla esauriente prefazione di Enzo Giannelli.


L’abbandono della carriera da parte di Jula de Palma e’ stata una grande perdita, sul piano artistico, per la musica italiana; quantomeno per l’ulteriore apporto che ne sarebbe derivato in conseguenza della maturazione e dell’evoluzione che sempre accompagna il percorso di un artista. Poche artiste hanno potuto sopperire alla sua assenza; in lei erano raggruppate caratteristiche che raramente si possono riscontrare riunite in una sola persona. Voce piena, ricchezza di armoniche, perfetta intonazione, ampia estensione. Senso del ritmo e giusta scelta dei tempi profondita’ dell’interpretazione. Per trovare analogie bisogna ricorrere a nomi grossi, Ella Fitzgerald, Sarah Vaughan


Fantasia interpretativa, improvvisazione, uso garbato dello scat, partecipazione intensa al senso del brano proposto (Jula de Palma e’ stata un’attrice “relativamente” mancata, avendo partecipato, sebbene come attivita’ collaterale, anche a molti film e produzioni cinematografiche), e le vicende sull’interpretazione del brano Tua, raccontate con precisione nel libro, la dicono lunga in tal senso.


Non ultime, onesta’, sensibilita’, “buona educazione”, umanita’, giusto connubio di modestia e di carattere. Il modo in cui Jula ha lasciato la carriera e’ forse proprio la migliore prova di queste ultime qualita’. Sebbene – credo di interpretare l’opinione di molti ammiratori, estimatori, colleghi ed addetti ai lavori – questa sua decisione non sia mai stata del tutto condivisa ed accettata, Jula de Palma e’ rimasta nella memoria collettiva molto piu’ di tanti suoi colleghi, rimasti ancora – talvolta fin troppo ostinatamente – in servizio attivo.

Jula de Palma


TUA Per Sempre – Autobiografia della signora del jazz italiano



ISBN: 978-88-6063-218-0 – 320 pagine – € 24,50

Links:

www.juladepalma.com

www.coniglioeditore.it

L’intervista a Jula de Palma su Sound Contest

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BEN RATLIFF | Come si ascolta il jazz. Conversazioni con Wayne Shorter, Pat Metheny, Sonny Rollins, Ornette Colema https://www.soundcontest.com/come-si-ascolta-il-jazz-conversazioni-con-wayne-shorter-pat-metheny-sonny-rollins-ornette-colema/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=come-si-ascolta-il-jazz-conversazioni-con-wayne-shorter-pat-metheny-sonny-rollins-ornette-colema Thu, 18 Nov 2010 23:00:00 +0000 http://soundcontest.designet.it/recensioni/come-si-ascolta-il-jazz-conversazioni-con-wayne-shorter-pat-metheny-sonny-rollins-ornette-colema/ Qual è il miglior modo per evitare che un’intervista ad un musicista si trasformi in qualcosa di banale? Questo si è chiesto il critico musicale Ben Ratliff e la risposta l’ha data nel libro “Come si ascolta il jazz”, edito in Italia dalla Minimum Fax. Quindici incontri con quindici jazzisti contemporanei lasciando che parlino di […]

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Ben Ratliff
Come si ascolta il jazz. Conversazioni con Wayne Shorter, Pat Metheny, Sonny Rollins, Ornette Colema
Minimum Fax
2010

Qual è il miglior modo per evitare che un’intervista ad un musicista si trasformi in qualcosa di banale? Questo si è chiesto il critico musicale Ben Ratliff e la risposta l’ha data nel libro “Come si ascolta il jazz”, edito in Italia dalla Minimum Fax. Quindici incontri con quindici jazzisti contemporanei lasciando che parlino di musica, perchè per capire un musicista bisogna farlo parlare nel suo stesso linguaggio.


Ratcliff ha fatto scegliere agli intervistati alcuni brani e con loro, nella comodità della proprie case, magari tra un impegno domestico e l’altro, li ha ascoltati e commentati.


Ecco Wayne Shorter optare per una sinfonia di Ralph Vaughan, mentre Pat Metheny vuole sentire Sonny Rollins e Johann Sebastian Bach, oppure Sonny Rollins vuole parlare di Coleman Hawkins, Billie Holiday, Charlie Parker e Lester Young. Andrew Hill mette i cd di Earl Hines e Dave Brubeck; Ornette Coleman porta il suo interesse sulla musica asiatica e su quella ebraica; Maria Schneider vuole ascoltare Miles Davis, Gil Evans e anche Maurice Ravel, mentre Bob Brookmeyer propone l’orchestra di Count Basie, ma anche di Witold Lutoslawki, e Bebo Valdes vuole ascoltare sia Sergej Rachmaninov che Art Tatum.


Ratcliff per ogni intervistato ha delineato il background lasciando poco spazio a una parte che invece poteva suscitare interesse: far analizzare dei brani ad altri musicisti per capire che cosa aveva catturato la loro attenzione. Inoltre il titolo in italiano “Come si ascolta il jazz”  (il titolo originale è “The jazz ear. Conversation over music”) può risultare fuorviante lasciando presupporre ben altro. Il risultato è un libro di poco più di duecento pagine dove nessuna intervista riesce a sviscerare in modo critico i brani ascoltati e nel quale si lascia più spazio alla parte umana dei musicisti; così chi non conosce gli artisti intervistati imparerà sicuramente qualcosa di nuovo, ma chi ha già nozioni in merito su questi grandi della musica non aggiungerà altro alle sue conoscenze.

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ROBERTO POLILLO (TESTI DI ARRIGO POLILLO) | Swing Bop e Free. Il jazz degli anni ’60 https://www.soundcontest.com/swing-bop-e-free-il-jazz-degli-anni-60/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=swing-bop-e-free-il-jazz-degli-anni-60 Mon, 01 Feb 2010 23:00:00 +0000 http://soundcontest.designet.it/recensioni/swing-bop-e-free-il-jazz-degli-anni-60/ Un album fotografico, organizzato schematicamente per “strumento”; una sorta di “schedario”, dove compaiono i ritratti, accompagnati da ampie didascalie, dei piu’ grossi nomi del jazz internazionale. Ma rigorosamente stranieri, perche’ – cosi’ spiega lo stesso Polillo nella prefazione – non avendo una raccolta di istantanee sufficientemente assortita di artisti italiani, non ha voluto far torto […]

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Roberto Polillo (testi di Arrigo Polillo)
Swing Bop e Free. Il jazz degli anni ’60
Polillo Editore
2006

Un album fotografico, organizzato schematicamente per “strumento”; una sorta di “schedario”, dove compaiono i ritratti, accompagnati da ampie didascalie, dei piu’ grossi nomi del jazz internazionale. Ma rigorosamente stranieri, perche’ – cosi’ spiega lo stesso Polillo nella prefazione – non avendo una raccolta di istantanee sufficientemente assortita di artisti italiani, non ha voluto far torto a nessuno… (ed anch’io, per lo stesso motivo, non citero’ nessuno dei 120 personaggi raffigurati, assicurando pero’ che, nelle circa 180 foto delle oltre 300 pagine del libro, ce n’e’ per tutti i gusti…).
Dunque, un libro di ricordi, che racconta uno stralcio di una storia lunga, complessa ed articolata.
Sfogliando il libro Swing Bop e Free si ha subito la sensazione di fare un salto all’indietro nel tempo rivedendo, nei giovani volti degli artisti – qualcuno tuttora gloriosamente in servizio – espressioni dimenticate, il modo di vestire, di atteggiarsi, di gesticolare, le mode dell’epoca, attraverso immagini rigorosamente in bianco e nero.
L’autore, Roberto Polillo, ha avuto il merito e la fortuna di trovarsi al posto giusto al momento giusto: essere figlio del grande Arrigo Polillo, con l’opportunita’ quindi di accompagnarsi a cotanto padre e di trovarsi, a poco piu’ di quindici anni, con l’occhio nel mirino di una macchina fotografica, faccia a faccia con i piu’ grandi e difficilmente avvicinabili nomi del panorama jazzistico, lo hanno indubbiamente posto in una posizione di vantaggio.
In questo contesto, nei primi anni sessanta – anni in cui hanno coinciso il boom dell’evoluzione fotografica ed i grandi incontri/scontri tra personalita’ artistiche che hanno generato profondi cambiamenti stilistici ed espressivi del jazz – Roberto Polillo e’ stato un vero e proprio personaggio “privilegiato”.


Trattando di una produzione fotografica effettuata, grosso modo, tra trenta e quaranta anni fa, interessando cosi’ poco piu’ di un decennio, non si puo’ prescindere da qualche, seppur breve, osservazione di carattere tecnico.
Come tutti certamente sanno, per effettuare una buona fotografia – letteralmente “scrittura con la luce” – sono necessari alcuni requisiti di base fortemente interconnessi e condizionanti: un obiettivo “luminoso” deve permettere, in un tempo abbastanza breve da realizzare un’immagine ferma, che una quantita’ di luce sufficiente raggiunga un elemento sensibile – tipicamente la pellicola fotografica – dotato di un’adeguata sensibilita’. Questi fattori devono essere quindi in perfetto equilibrio tra loro e, al venir meno dell’uno, deve corrispondere un incremento dell’altro. Quando la luce non abbonda – come quando non c’e’ sole – aumenta fortemente il rischio di ottenere “foto scure” oppure, aumentando il tempo di esposizione, immagini “mosse”, ed a cio’ si sopperisce normalmente con l’uso del flash.
Roberto Polillo – come pure molti suoi colleghi di oggi, sebbene con mezzi notevolmente differenti – si e’ trovato per lo piu’ ad operare nelle specifiche realta’ degli spettacoli teatrali e musicali, frequentemente quindi in ambienti chiusi e, quand’anche all’aperto, in orari piu’ spesso serali. L’uso del flash, fastidioso per gli “attori” e sconveniente per il fotografo a causa della “freddezza” della sua luce, costringeva (e costringe) all’utilizzo della seppur scarsa luce ambientale disponibile. Inoltre, a quell’epoca, le sensibilita’ delle acerbe pellicole a colori erano ancora troppo basse per lavorare in luce scarsa, senza flash, mantenendo tempi di esposizione ragionevoli. Come tanti, dunque, anche Polillo ricorreva preferibilmente all’uso della pellicola in bianco e nero. Gia’ in origine piu’ sensibile, essa non necessitava dello sviluppo in laboratorio ma si poteva trattare “in proprio”, e si poteva pure migliorarne un pò la sensibilita’ con qualche accorgimento in camera oscura che pero’ ne aumentava proporzionalmente il difetto-effetto della “sgranatura”.
Le foto realizzate risultavano poi particolarmente suggestive, grazie ai giochi di luci ed ombre, ai contrasti, a volte spregiudicati, alle “grane”, oppure a risultati sorprendenti – talora forse neppure premeditati – come certi effetti di mosso, che donavano ad alcuni scatti uno speciale “appeal” artistico.
L’evoluzione tecnica della fotografia ed il passare del tempo hanno inciso significativamente sugli esiti delle attivita’ di reportage, donando progressivamente una caratteristica di unicita’ a quanto prodotto in precedenza, con mezzi meno potenti ed evoluti, in particolare per quel che riguarda la forza narrativa ed il potere di rievocativo delle immagini, ed aumentandone fortemente il fascino.


La posizione di privilegio di Roberto Polillo sugli stages piu’ prestigiosi – ed ancor piu’  nei back-stage piu’ esclusivi – e’ stata quindi sfruttata proficuamente grazie alle sue ottime capacita’ tecniche e dalla grande sensibilita’ visiva, capace di far trasparire di volta in volta i sentimenti – l’ironia, la concentrazione, il disappunto – del soggetto. Con occhio attento, ha saputo carpire ogni minimo dettaglio, catturare ogni istante irripetibile, congelare ogni situazione significativa come nel fermo-immagine di un film, capace pero’ di riassumere un’intera storia.
Oggi le immagini di Roberto Polillo sono state riviste e rielaborate nell’ambito del progetto grafico-editoriale di Swing Bop e Free, preziosamente accompagnate dal commento dalle sapienti didascalie del padre Arrigo, scrittore e grande maestro del giornalismo e della critica musicale italiana, che ha seguito le vicende dell’evoluzione del jazz in Italia fino dagli albori essendo stato redattore e poi direttore della rivista Musica Jazz, nonche’ organizzatore di molteplici eventi di grande rilievo. Sono presenti poi citazioni degli artisti stessi ed altre curiosita’ e commenti ad opera di altri illustri critici e storici del jazz.


Dopo alcuni anni di collaborazione, in qualita’ di fotografo, con la Musica Jazz, Roberto Polillo decise di abbandonare la carriera di cacciatore d’immagini per dedicarsi con successo ad altro. Ha pero’ ritenuto, a distanza di anni, di intraprendere un’iniziativa a carattere prettamente familiare assieme al fratello editore: raccogliere e pubblicare in questo libro quelle immagini, quei commenti e quelle sensazioni; un insieme che rappresenta, al tempo stesso, un delicato ricordo ed omaggio al padre Arrigo, un indubbio punto di svolta della sua evoluzione personale, col passaggio attraverso una stagione breve ma intensa della sua vita, ed uno sguardo nostalgico su un periodo glorioso ed irripetibile della musica jazz.


Info:


Foto di Roberto Polillo e testi di Arrigo Polillo, 304 pagine, 55 euro


http://www.polilloeditore.it/

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