Marco Bartoccioni con il suo album “Play the Joker”

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Giocarsi il tutto per tutto, mettere sul tavolo un jolly che potrebbe svoltare la partita. Una intensità e passione d’altri tempi quelle di Marco Bartoccioni, artista polistrumentista che presenta l’album dal titolo “Play the Joker” totalmente registrato su nastro in onore di una qualità che sembra ormai denigrata e barattata con selfie e glitter. Qui invece c’è musica, vera musica, un ritorno alle origini, ma proiettandosi verso un futuro in cui la ricerca del suono, dei dettagli, il calore dell’anima della musica stessa fanno davvero la differenza e ti avvolgono in un ascolto celestiale. Brani densi di rock e blues, dalle melodie vincenti partorite da delle esecuzioni impeccabili, fanno di questo album una rara perla da ascoltare con attenzione lasciandosi trasportare da una verve dipinta dalle sonorità d’oltreoceano. Conosciamone alcuni dettagli in questa intervista.

Un album completamente registrato su nastro. Tornare alle origini sfidando le tendenze discografiche. Una buona dose di coraggio la tua che tende verso quali mondi?

Ma guarda, più che verso “altri mondi”, direi una scelta che tende ad unificare questo di mondo. L’unione tra le vecchie generazioni e quelle presenti per me è un rafforzamento e non un indebolimento. Con questo lavoro fatto con Palo De Stefani, interamente su nastro, abbiamo cercato di fare proprio questo: prendere ciò che di buono la musica ci ha dato nel passato e portarlo ad oggi, perché la buona musica resterà sempre. Incidere un album, un EP, una semplice canzone con “calore e cuore”, al contrario del metodo un po’ “usa e getta” del momento, è per me l’unico modo di arrivare a toccare l’anima delle persone.

Curioso il titolo “Play the Joker”! Quale significato si cela? È un giocarsi tutto rischiando ciò che si ha o una carta magica per una sicura vittoria al tavolo?

La vittoria sicura non c’è mai purtroppo, ma senz’altro il tentativo di fare il massimo, giocarsi il tutto per tutto, tentare di cambiare gioco, ed essere propositivi senz’altro sì. Da qui il titolo “Play The Joker”, con l’azzardo del nastro, dei suoni completamente americani e con la Lap Steel al posto delle chitarre.

Un singolo, “I was born here”, che sta facendo parlare con al seguito un frenetico e coinvolgente videoclip girato da una produzione americana. Ed ora l’album. Tanta roba. Quali altre sorprese ci riserba il tuo percorso artistico?

Di questo album usciranno altri singoli importanti, merita senz’altro di essere longevo. Quest’anno siamo in tour per presentare questo lavoro live che sta andando benissimo e naturalmente per il futuro la mente è già su una nuova produzione, ma allo stesso tempo sto portando live un altro progetto di Lap Steel strumentale, interamente solo, intitolato Steel Project. È un altro disco uscito subito dopo la pandemia, sempre prodotto da Paolo De Stefani e masterizzato anche questo su nastro. Un lavoro da ascolto e da colonna sonora che mi vedrà impegnato in diversi teatri e festival questa estate.

Sonorità d’oltreoceano tra blues, rock, melodie che sconfinano nel pop e una esecuzione davvero d’altri tempi per questo album che sembra rappresentare una evoluzione e una maturità captate sin dal primo ascolto. Raccontaci dei live. Come riporti tutto questo universo musicale sui palchi?

Per quanto riguarda il live abbiamo lavorato moltissimo per preparare uno spettacolo all’altezza dell’album. La band è un power trio formata insieme a Marco Fiormonti al basso e Cris Kei alla batteria. È un trio insolito, perché avere il main artist che suona Lap Steel in piedi e canta è una cosa molto particolare e poco vista. Ma mi sta dando delle grandi soddisfazioni soprattutto per il suono che otteniamo live. La Lap Steel e tutto il mondo Slide, che ormai fa parte della mia carriera musicale da tantissimi anni , è uno strumento molto particolare che porta drasticamente il suono oltreoceano, non semplice da amalgamare in un power trio. La band ha davvero una sua identità ed un suono molto particolare, senz’altro potrei suggerire “da ascoltare”. 

Potessi avere la possibilità di aprire un concerto in uno stadio di un big della musica, affrontandone il pubblico con la tua musica, chi sceglieresti? E perché?

Che grande domanda, bellissimo da sognare… Se potessi scegliere, aprirei il concerto di Bruce Springsteen o dei Rolling Stones o di Eric Clapton. Sono per me i tre pilastri del mio background Rock/Blues, sono cresciuto con le loro musiche, i loro stili e le loro idee, dai riff di Keith Richards al motore sempre acceso di Bruce Springsteen, al suono di Eric Clapton.

A te l’ultima parola!

Io credo la musica “vecchia” o “nuova” non abbia distinzioni, l’importante è farla cercando di arrivare al cuore delle persone. Ma impegniamoci per farla bene!