MDOU MOCTAR
Afrique Victime
Matador Records
2021
Quella di Mdou Moctar, all’anagrafe Mahamadou Souleymane, è una delle più belle favole in musica in cui ci si può imbattere ed innamorare. Potrebbe benissimo essere il soggetto di un romanzo come pure di un film che parlano di riscatto e comunque una sorta di biopic, sulla scorta (nientemeno che) del leggendario “Purple Rain” di Prince, già è uscito nel 2015 con il titolo originale “Akounak Tedalat Taha Tazoughai”. Vedetelo!
Germinato dalla prolifica scena musicale del Tuareg Rock e del Desert Blues, lì dove tra le dune nordafricane del Sahara sono esplosi nomi e fenomeni quali Tinariwen, Tamikrest, Bombino, Tartit, Songhoy Blues e Imarhan, il talentuoso mancino di Agadez (Niger) infila in “Afrique Victime” (sesto disco della sua carriera e primo per la Matador) nove perle musicali che brillano sia per forma che per contenuto.
Un lavoro testualmente ricco di messaggi e prese di posizione scottanti (in primis la denuncia delle atrocità provocate dal colonialismo, evidente sin dal titolo e dai versi in francese e tamasheq della canzone-manifesto omonima) ma al contempo ispirato da immagini poetiche, nostalgiche e celebrative della propria terra, legate a concetti universali-spirituali di pace, rispetto, speranza e solidarietà.
Al centro di tutto ciò resta determinante l’energia, trascinante e avvincente, del suono e del ritmo. Un sound fiammeggiante e ipnotico, in cui dilagano senza soluzione di continuità i riff, i lick, gli assolo, gli arpeggi e il fingerpicking di un chitarrista tecnicamente formidabile sia dal punto di vista elettrico che da quello acustico.
Più eterogeneo rispetto al precedente “Ilana: The Creator” e ben prodotto dal bassista statunitense Michael Coltun, “Afrique Victime” sprigiona la sua irresistibile carica “acid rock” a partire dall’iniziale Chismiten, lì dove Hendrix e Santana sembrano darsi appuntamento per una jam al vetriolo nel deserto. A seguire Taliat, pezzo altrettanto favoloso, mesmerico e lisergico nel suo impianto corale e strumentale. Basate sul battimani e sulla cadenza ritmica tradizionale del “takamba”, Ya Habibti, Asdikte Akal e Bismilahi Atagah rappresentano invece un trittico elettroacustico di caleidoscopica raffinatezza mentre Layla (dedicata dal Nostro alla sua dolce metà) è una nenia folk-blues in delicata missione sentimentale.
Resta infine da dire di Afrique Victime, un ciclone afropsichedelico di sette minuti e passa il cui slogan di protesta s’insinua attraverso un chorus altamente ammiccante, condotto in alta quota da mulinelli centrifughi di riff, svisate e assolo investiti da scariche di batteria e drum machine progressivamente a rotta di collo. Investigateli meglio e d’ora in poi teneteli d’occhio, perchè Mdou Moctar e la sua band sono davvero qualcosa di s-t-r-a-o-r-d-i-n-a-r-i-o!
Voto: 8,5/10
Genere: Acid Rock / Psychedelic Rock / Blues / World / Folk
Musicisti:
Mdou Moctar – guitar, vocals
Ahmoudou Madassane – guitar, backing vocals
Michael Coltun – bass, drum machine, backing vocals
Souleymane Ibrahim – drums, percussion, backing vocals
Tracklist:
01. Chismiten
02. Taliat
03. Ya Habibti
04. Tala Tannam
05. Untitled
06. Asdikte Akal
07. Layla
08. Afrique Victime
09. Bismilahi Atagah
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